Chi si affida e sceglie DatArchitetti viene preso per mano e affiancato dall’inizio alla fine del percorso progettuale e realizzativo, da quando il progetto si configura solo come un’idea astratta, a quando si traduce in un obiettivo ben chiaro e delineato.
In seguito ad un percorso condiviso, le esigenze e i desideri del committente si trasformano in un risultato concreto.
Se un filo rosso devo trovare, qualcosa di sempre presente nelle stagioni della mia vita credo sia la ricerca della verità. Nel lavoro, nei rapporti, nelle cose della vita, trovo che la realtà oggettiva sia l’unico strumento per dare un senso e coerenza alle cose e tendere all’armonia. Naturalmente si tratta solo di un approccio, una strategia che non ha pretese di definire certezze assolute, anzi: dal punto di vista professionale ritengo che il rapporto più produttivo sia quello “partecipato”, in cui committenti evoluti, colleghi professionisti e maestranze portino ciascuno la propria “visione” all’interno del processo creativo.
Anche in questo senso DAT architetti è una simbiosi, un progetto in cui le differenza anagrafiche, di esperienza e competenza specifiche sono messe a valore, e si completano a vicenda.
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Dell’essere architetto mi piace la dinamicità del lavoro, il fatto che tutti i giorni siano diversi, il dover affrontare ciascun progetto come un nuovo inizio, perché nessuno è mai uguale al precedente.
Mi piace il lento processo conoscitivo del cercare di comprendere le persone, le loro abitudini, necessità e progettare gli spazi secondo il loro modo di essere.
DAT architetti per me è una evoluzione naturale delle cose: ho avviato la libera professione praticamente subito dopo aver ottenuto l’abilitazione, nel mio percorso di crescita anagrafico e professionale uno sviluppo non studiato a tavolino, ma un fatto, una collaborazione che esiste da anni alla quale non avevamo ancora dato un nome.
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